“Conoscevo la realtà ma non avevo idea di cosa potessi fare per loro. Poi, nel 1996 mio padre morì e io mi ritrovai a fare una valutazione di quella che era la mia vita. Così, quando vidi un avviso di un corso per diventare volontario, non ci pensai un attimo e mi iscrissi subito”. Riccardo Caselli è presidente della Misericordia del Varlungo dal 2011 e il suo mandato scadrà nel 2025. Prima come responsabile del supporto tecnico e informatico, poi nel consiglio direttivo dell’Associazione. “Quel che mi colpì, da subito, furono lo spirito e il contenuto di quel che veniva svolto all’interno della Misericordia – continua Riccardo – entrambi sono uniti dall’umanità delle persone che animano questa Associazione. Ho contribuito allo sviluppo tecnico dal punto di vista di hardware e software e ho formato alcuni volontari”.
Nel 2006 entra a far parte del consiglio direttivo, poi l’incarico di presidente fin dal 2011. Caselli ricorda i primi momenti, quelli del suo ingresso e della Misericordia che lotta per avere nuovi spazi e nuove stanze per la propria sede. Ma ci sono due aneddoti che hanno toccato profondamente l’animo di Riccardo. “I primi tempi facevo servizio di trasporto con l’ambulanza ordinaria e reputo questa una parte fondamentale della crescita: durante i servizi di non emergenza l’approccio umano è particolarmente vicino alla gente. Le situazioni a volte possono essere pesanti e ti spingono a riflettere sulla tua vita e su quella di chi incontri. Ricordo che una volta prelevammo una persona piuttosto giovane, sui 30 anni, per portarla verso un’altra struttura. Questa persona era tetraplegica da almeno dieci anni a seguito di un tentativo di suicidio. Pensare a questa persona, con grosse problematiche regresse che l’avevano spinta a questa decisione costretta a fare i conti con una completa non autosufficienza, mi colpì tantissimo e ancora oggi ci rifletto. Perché noi ci troviamo a essere preparati, a studiare quel che possono essere trauma e malattie fisiche, a come doverci comportare al momento dell’emergenza. Ma per le sofferenze psicologiche abbiamo una preparazione che è solamente quella dell’esperienza e dell’empatia umana. E non è semplice quando ti capita una situazione del genere”. La riflessione di Caselli fa riferimento anche ai corsi di formazione: “Durante questi corsi cerchiamo di illustrare ai nostri volontari l’approccio al momento del trauma fisico, specie per chi ha diverse sensibilità e che si ritrova poi sulla scena cruenta. Ma non sempre sono quelle le situazioni che causano traumi”.
Il racconto di Caselli prosegue con un altro aneddoto: “Ricordo una volta, in emergenza, che dovevamo trasportare una persona che lamentava disagio a causa dei tanti farmaci che prendeva. Questa persona era convinta che ci fosse sul suo tetto uno stregone che con una macchina gli causasse problemi fisici. A me fece molto riflettere quale fosse la condizione mentale di una persona che vive tutto ciò. Cercai di immedesimarmi, anche. Sono elementi che ricordo sempre quando faccio formazione o quando incontro i nuovi volontari vogliono intraprendere questa strada. E facendo tesoro della mia esperienza, cerco di prepararli al meglio. La conoscenza, fa parte dell’esperienza individuale”.