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Borgo San Lorenzo: la storia di Piero Margheri, volontario dal 1968

“Ho iniziato da ragazzino, nel 1965, quando noi giovani dovevamo indossare i pantaloncini corti. Prima dando una mano nei servizi funebri, poi prestando volontariato al cimitero: cambiare i fiori, annaffiare, ripulire, tenere tutto in ordine. Aiutare il prossimo: è questo che ci insegnavano ai tempi di Don Bosco”. Piero Margheri è iscritto alla Confraternita della Misericordia di Borgo San Lorenzo fin dal 1968.

Ha iniziato con un gruppetto di amici, per vivere insieme a loro un’esperienza di solidarietà e fratellanza. “Il primo ricordo è il mio vestito, tutto nero, che dovevo indossare in quelle occasioni – continua Piero -. Venivamo dai Salesiani ed eravamo un bel gruppo, unito e affiatato. Poi col mio lavoro, iniziai a rallentare un po’ ma non ho mai lasciato. Ho fatto il donatore di sangue e dal 2001, quando sono andato in pensione, mi sono detto di continuare a dare una mano. Come custode del cimitero, come coordinatore dei mezzi. Non importava come, era essenziale esserci”.

Piero racconta anche i cambiamenti, dettati dal tempo e dall’avvento della modernità: “Prima la realtà era diversa, adesso è tutto più veloce e quasi non esiste più un momento per riflettere. Invece grazie alla nostra Confraternita, riusciamo a ritagliarci un momento per pregare prima di iniziare i nostri servizi e di partire per tutte le nostre commissioni in giro per il paese e non solo”.

Piero si commuove, però, quando pensa a quel che ha fatto e quel che ancora oggi vive nella quotidianità. “Quel che più mi rimane impresso e per certi versi mi ripaga, è sentirsi dire “grazie” da chi ha sofferto. Col Mugello Solidale aiutiamo le famiglie in difficoltà, grazie anche alle sovvenzioni dei comuni, per aiutare a pagare le bollette, gli affitti, i costi della sanità. Sono queste persone, quelle sofferenti e in difficoltà, che ringraziano noi quando invece dovremmo dire loro scusa. Ci sono delle famiglie alle quali portiamo l’aiuto alimentare e che, una volta aperta la porta di casa, ci offrirebbero un caffè. Questo mi dà i brividi, perché sono loro che mi insegnano a stare al mondo. Non il contrario”.

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